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Tribunale di Bologna > Comportamento antisindacale
Data: 23/09/2004
Giudice: Pugliese
Tipo Provvedimento: Decreto
Numero Provvedimento: -
Parti: Fiom Cgil/Steelcase s.r.l.
CONTESTAZIONE DA PARTE DELL'AZIENDA DEL CRITERIO DI COMPUTO DEI LAVORATORI PART-TIME AL FINE DELLA DETERMINAZIONE DEL NUMERO DI R.S.U. ELEGGIBILI; MANCATO RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI SINDACALI A DELEGATA ELETTA


La vicenda trae origine dalle elezioni per il rinnovo delle Rappresentanze Sindacali Unitarie di una unità produttiva di Bologna della Vodafone Omnitel. Le organizzazioni sindacali SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL, nel dare l’avvio della procedura elettorale in vista del rinnovo, individuavano in nove il numero dei delegati da eleggere RSU (tra cui tre delegati RLS), stante un incremento dell’organico della Sede di Bologna che aveva portato il numero complessivo dei dipendenti ad oltre 600 (in applicazione dei criteri numerici fissati dall’Accordo Interconfederale 20 dicembre 1993 sull’istituzione delle RSU). La società, tramite l’Assindustria di Bologna, affermava che nel numero complessivo dei dipendenti, i lavoratori part time non andassero calcolati come unità intere, ritenendo che il legislatore delegato del 2003 avesse non solo voluto (evento da non escludere), ma anche conseguito il risultato di modificare la precedente legislazione, nella parte in cui affermava espressamente che per l’esercizio dei diritti sindacali i lavoratori part time andassero computati come unità intere: secondo l’azienda quindi i componenti di RSU dovevano essere complessivamente sei anziché nove.
Le elezioni si tenevano ugualmente, e quando la Commissione Elettorale comunicava alla Vodafone (ed alle organizzazioni sindacali confederali) l'elenco degli eletti nel numero complessivo di nove componenti di RSU per la unità di Bologna, la società proponeva ricorso, prima presso la Commissione elettorale (che si pronunciava respingendo il ricorso), e successivamente al Comitato dei Garanti presso la DPL, chiedendo che venisse dichiarata l’illegittimità della nomina comunicata. La DPL non provvedeva alla costituzione del Comitato dei Garanti, che conseguentemente non si pronunciava. Poco dopo veniva negato un permesso sindacale ad una delegata eletta nella lista della SLC-CGIL, contestando la società la sua nomina, e dichiarandosi disponibile «a riconoscere i permessi sindacali e ogni diritto connesso (solo) a sei RSU eletti/nominati» previa trasmissione della «lista di detti sei nominativi».
Visti vani i tentatitivi di trovare un accordo la controparte, la SLC di Bologna tentava di contrastare con un ricorso ai sensi dell’art. 28 il trattamento peggiorativo per i diritti sindacali che la società Vodafone Omnitel pretendeva di attuare. Il Giudice del lavoro fissava per la comparizione delle parti l’udienza, in occasione della quale la causa veniva discussa e riservata la decisione. Successivamente, veniva depositato il decreto che così confuta le argomentazioni esposte con il ricorso introduttivo: «questo giudicante ritiene che le modalità di computo pro rata temporis dei lavoratori a tempo parziale adottate dal datore di lavoro non siano riconducibili alla violazione di un diritto sindacale, bensì attengano al mero esercizio dell’attività sindacale secondo le nuove regole fissate dal legislatore a seguito dell’abrogazione dell’art. 6/2° comma D.Lgsl. 20 febbraio 2000 n. 61».
Invero la difesa della SLC aveva proposto un altro percorso interpretativo.
E’ vero che l’art. 46 comma 1, lett. p) del D.Lgs. 276/03, ha soppresso il comma 2 dell’art. 6 del D.lgs. 61/00, che in apparente deroga al comma 1 (che stabiliva il principio del computo proporzionale nella valutazione delle dimensioni occupazionali), così recitava: «ai soli fini della applicabilità della disciplina di cui al titolo III della legge 20 maggio 1970 n.300 e successive modificazioni, i lavoratori si computano come unità intere, quale che sia la durata della loro prestazione lavorativa». Da tale soppressione il Giudice ha, evidentemente, dedotto l’esistenza di «nuove regole» fissate dal legislatore per disciplinare «l’attività sindacale», ignorando le argomentazioni che inducono a ritenere, invece, che il D.Lgs. 276/03 abbia semplicemente eliminato dal sistema giuridico una norma superflua. L’art. 4, infatti, del D.lgs n. 61/00 (non ancora abrogato) rubricato Principio di non discriminazione, stabilisce al comma 2 che «L’applicazione del principio di non discriminazione comporta che: a) il lavoratore a tempo parziale benefici dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile in particolare per quanto riguarda [… segue un lungo elenco di diritti: ndr] i diritti sindacali , ivi compresi quelli di cui al titolo III della legge del 20 maggio 1970 n. 300 e successive modificazioni….».
Per questo motivo la difesa della SLC aveva ritenuto che la previsione del secondo comma dell’art. 6 fosse del tutto pleonastica, risolvendosi in una semplice specificazione tautologica di quanto già espressamente previsto dal principio generale di cui all’art.4: non è infatti pensabile che il periodo di assunzione in prova possa essere differenziato a seconda del monte ore svolto dal lavoratore; altrettanto non può frazionarsi la formazione professionale o la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, o l’istituto delle ferie, come non vi è dubbio, inoltre, che il lavoratore ammalato abbia diritto ad assentarsi dal lavoro per l’intera giornata lavorativa, non essendo dimezzabile la sua salute.
Inoltre l’Accordo Interconfederale del 20 dicembre 1993 - che per le unità con oltre 600 dipendenti indicava il numero di nove rappresentanti senza alcuna specifica sulla natura (se part time o meno) dei contratti di lavoro - era stato espressamente recepito dal CCNL delle Telecomunicazioni applicato in Vodafone, prevedendo la norma contrattuale, all’art.8, 3°co., la costituzione delle RSU «in conformità di quanto previsto dall’accordo del 20.12.93». Ove, quindi, non si fosse voluta dare una interpretazione «costituzionalmente orientata» delle norme di legge si sarebbe quantomeno dovuto – sempre per la difesa del sindacato – ritenere salve le disposizioni contrattuali (eventualmente) di diverso tenore, tanto più se di maggior garanzia, in ossequio alla autonomia collettiva.
Ragionando diversamente l’art.6 del D.Lgs. n.61/00 dovrebbe ritenersi incostituzionale, con riguardo all’art. 3 Cost., se interpretato nel senso che essa legittimi attualmente il computo frazionato dei lavoratori part-time, anche ai fini della applicabilità della disciplina dei diritti sindacali.
Il giudizio di opposizione è attualmente pendente.